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Rinascimento psichedelico 

Da Albert Hofmann a Steve Jobs, fino al microdosing e le nuove frontiere della ricerca in psichiatria: Agnese Codignola racconta la storia di un farmaco diventato stupefacente

di Gabriele Ferraresi

Da Albert Hofmann a Steve Jobs, fino al microdosing e le nuove frontiere della ricerca in psichiatria: Agnese Codignola racconta la storia di un farmaco diventato stupefacente

Diceva Michel Foucault che “L’LSD è una scorciatoia attraverso e oltre le categorie dell’illusione e della realtà, il falso e il vero”. Steve Jobs era più diretto: “Prendere l’LSD è stata una delle due o tre cose più importanti della mia vita”. Il fisico Carlo Rovelli ha pubblicato una lunga nota su Facebook per raccontare come grazie all’LSD sia riuscito a “sentire per qualche ora la realtà in modo profondamente diverso dalla nostra percezione quotidiana. (L’LSD, ndr) mi ha lasciato una consapevolezza serena della parzialità delle nostre rigide categorie mentali, e della flessibilità e profondità del mondo interiore di cui è capace il nostro cervello”.

Sintetizzato dal chimico svizzero Albert Hofmann nel 1938 l’LSD è stata una scorciatoia allucinogena e rivelatrice presa da milioni di persone nel dopoguerra: sia a scopo terapeutico in psicanalisi, sia a scopo ricreativo. L’acido lisergico è stato inoltre il carburante di buona parte della cultura alternativa degli anni ’60, quando la festa sembrava non dovesse finire mai.

Invece nel 1966 finì. Messo al bando negli Stati Uniti e a seguire in tutto il mondo malgrado i promettenti risultati medici, l’LSD finì nell’oblio, fino al divieto tombale dell’ONU del 1971, che ne vietò la sperimentazione e l’uso. Dimenticato un po’ per lo stigma di sostanza stupefacente in un’epoca dove l’eroina falciava via una generazione, un po’ perché antieconomico da produrre (e vendere) sia per le organizzazioni criminali che per i colossi farmaceutici.  

Un “bambino difficile” l’LSD, dimenticato fino a oggi, con il rinascimento psichedelico che ha raccontato la giornalista scientifica e dottoressa in farmacologia Agnese Codignola in LSD – Da Albert Hofmann a Steve Jobs, da Timothy Leary a Robin Carhart-Harris: storia di una sostanza stupefacente, uscito per UTET a maggio di quest’anno.

Come ti sei avvicinata al rinascimento psichedelico di questi anni?
In generale mi interessano gli uomini di scienza che vanno oltre gli schemi, ma con dei presupposti razionali. Non Timothy Leary, per intenderci. Tieni presente che tra l’altro sono figlia di uno psichiatra che al tempo aveva partecipato alle prime sperimentazioni con l’LSD. 

LSD a Genova negli anni ’50: già questa è una storia nella storia
I miei genitori hanno vissuto in manicomio in Svizzera, poi in un manicomio a Cogoleto: mio padre era uno psicanalista, ma aveva una formazione medica e proprio quando si stava specializzando in psichiatria – poco prima del 1960 – mia madre mi raccontava che la domenica andava in ospedale e lo provava lui stesso: sperimentavano LSD al S. Martino, a Genova. Al tempo era tutto un estremo: la psichiatria andava dai trattamenti ottocenteschi ad altri totalmente psicanalitici.  

Era tutto polarizzato
Lo schizofrenico lo aiuti anche con l’analisi, ma è un malato organico. L’idea degli anni ’60 era che l’LSD fosse qualcosa che facilitava la terapia. Questa era un’idea molto bella. Ma quello che mi ha affascinato ancora di più è l’oggi, e l’idea che ci siano gruppi di ricerca serissimi nel mondo, che nonostante divieti tombali già di 30 anni fa, e nonostante lo stigma culturale, vadano avanti. 

 

Agnese Codignola © Vito Maria Grattacaso / LUZ

 

Classico stigma: “brucia il cervello”. È vero l’opposto
È quello che dico sempre: non è vero. Chi ha avuto danni appartiene a due categorie: soggetti che assumono qualunque cosa, per esempio. Se uno si fa di cocaina, è alcolista, prende questo, prende quell’altro, vai a capire che cos’è che ha fatto il danno. L’altra categoria sono le persone che oggi vengono escluse dagli aspetti terapeutici perché soffrono di disturbi gravi come la schizofrenia: perché l’LSD fa emergere i tuoi mostri. Se sei una persona che ha dei gravi disturbi di tipo psicotico con l’LSD rischi di aggravarli.

Tu l’hai provato?
No, perché allora ero troppo piccola. Non era il caso. E anche adesso, da adulta, siccome sono una chimica e una farmacologa, non prenderei mai una cosa del genere venduta da uno spacciatore. Lì sì che ti puoi bruciare il cervello. Ma se per esempio fossi in Inghilterra, all’Imperial College, dove da tempo sono ripartite sperimentazioni con l’LSD svolte con estremo rigore scientifico, certo, subito.

 

L’LSD è un farmaco, come centomila altri. Però con questo stigma culturale mostruoso. 

 

Dalla scoperta di Hofmann c’è stato un lungo periodo in cui l’LSD è stato usato come farmaco, e con risultati più che incoraggianti
Sì, assolutamente. È un paradosso. Fino al 1962 è stato usato come farmaco, diciamo che tra il 1943 e fino al 1960, 1963 a seconda dei paesi, ci sono circa vent’anni di studi. Ognuno si è un po’ specializzato. Vediamo gli effetti sui malati terminali per esempio, gli effetti sulle dipendenze – che sono pazzeschi – sull’alcolismo, sul tabagismo.

Erano anche gli anni di Cary Grant: nel 1959 disse a Vanity Fair che l’LSD gli aveva cambiato la vita
Lui sosteneva di averne ricevuto grandi benefici. Anche se personalmente non sono dell’idea che esista “la pillola della felicità”, perché i tuoi problemi, se ne hai, li devi risolvere in altro modo.

Come si arriva alla messa al bando dell’LSD?
Parte tutto dagli Stati Uniti: da Harvard, dove in sintesi Timothy Leary e Richard Alpert nel 1963 vennero allontanati dall’università perché avevano cominciato a fare i furbi e dare LSD agli studenti di nascosto. Poi sono scappati in Messico, e insomma, sono andati un po’ fuori di testa. Uno è finito a fare il mistico mentre Leary è veramente uscito di testa. Ma hanno fomentato questa cosa che si è diffusa in California, che poi è diventata la Summer of Love, che a sua volta è diventata totalmente sovversiva. Tempo pochi anni e Leary per Nixon era diventato “L’uomo più pericoloso d’America“. 

Inquadriamo il periodo
Gli Stati Uniti avevano affrontato la Guerra di Corea, poi il Vietnam, venivano anche da pochissimi anni dalla seconda guerra mondiale. Mettici anche la guerra fredda: diciamo che non si potevano permettere di perdere il controllo su un’intera generazione. Che già non ce l’avevano per mille motivi, dalle altre droghe, alla musica e letteratura.

 

Tutto quello che nella Storia tocca l’elemento dionisiaco non è accettabile, perché la società deve poter controllare. 

 

Dai misteri eleusini e le cerimonie dell’antica Grecia in poi
Esatto, vale anche il contrario. Quando si decide che tu sei sacerdote, allora va bene, puoi ricorrere all’alterazione di coscienza. È una questione culturale, irrisolvibile: o meglio, con LSD o psilocibina è possibile che si arrivi – non credo in Italia – un giorno a usarli come farmaco, in una stanza di ospedale.

In Italia invece si parla di mettere al bando la marijuana legale
Io la penso come Amanda Feilding della Beckley Foundation: in condizioni controllate, in stanze protette, tu vai lì e se vuoi alterarti la coscienza con una sostanza che non ha effetti collaterali e non dà dipendenza, saranno affari tuoi? E lo dico da farmacologa: secondo me uno con la propria coscienza dovrebbe farci quello che vuole.

In campo medico, in quali casi l’LSD è utile?
Per curare la depressione, per esempio. Secondo l’OMS i diagnosticati depressi sono 350 milioni in tutto il mondo. Per dipendenze come alcolismo e tabagismo. Nel caso del tabagismo tutto quello che si fa – dai cerotti alle terapie – arriva al massimo al 30% di successo, con tassi di ricaduta mostruosi. L’LSD guarisce con una somministrazione – o al massimo due o tre – l’80% dei fumatori, come ha scritto Michael Pollan sul New York Times. Parliamo della cefalea a grappolo, una forma gravissima di emicrania che causa un dolore giudicato il peggiore che un uomo possa sentire, peggio del parto. Tu hai una cosa che funziona e non la usi?

 

Agnese Codignola © Vito Maria Grattacaso / LUZ

 

Ormai ci sono i numeri e gli studi
Studi pubblicati su riviste internazionali, approvati, con delle casistiche di centinaia e a volte migliaia di pazienti: non è un singolo cialtrone che è riuscito a fare il furbo e pubblicare una cosa. Ormai i numeri sono significativi.

Tra i protagonisti della ricerca di questi anni ci sono Amanda Feilding, “la contessa psichedelica” e Robin Carhart-Harris: chi sono?
Amanda Feilding è un’aristocratica inglese – con una biografia incredibile – e ha fondato la Beckley Foundation: sostiene la ricerca scientifica nel campo delle sostanze psicoattive e col tempo è diventata la gran sacerdotessa del rigore scientifico. Robin Carhart-Harris invece è uno scienziato e un ricercatore a capo del dipartimento di psychedelic research dell’Imperial College di Londra. Anche lui ha un approccio estremamente rigoroso, fa l’opposto di quanto hanno fatto i vari Leary all’epoca.

Come si fa a farlo tornare legale?
Credo che sia inutile la battaglia sull’antiproibizionismo: l’unica via per arrivare a un’autorizzazione è produrre dei dati scientifici. Perché poi vai dall’FDA, dall’AIFA, dall’EMA, e non gli puoi dire “Cioè, guarda, noi vorremmo legalizzare tutto”, gli devi dire “Ho 10mila pazienti”. Se poi l’autorità dice di no, deve spiegare perché ha detto di no. Tutto il resto sono valutazioni personali. Anche Albert Hofmann aveva sempre conservato questo atteggiamento.

Perché produrre e commercializzare LSD è antieconomico?
L’LSD non ha brevetto, quindi nessuna azienda ha interesse a produrlo, cosa ci guadagna? Inoltre se tu hai una sostanza che funziona con una sola somministrazione, non c’è business.

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